Nel corso del 2023, la Regione Lazio ha registrato un incremento delle nuove diagnosi di infezione da HIV, come evidenziato nel “Report sulle nuove diagnosi di infezione da HIV 2023” pubblicato dal Seresmi, il Servizio regionale per l’epidemiologia e il controllo delle malattie infettive dell’Istituto Spallanzani di Roma. A dirigere il report è il dr. Francesco Vairo, che ha analizzato i dati provenienti dai centri clinici della regione.
351 nuove diagnosi di HIV sono state riportate alla sorveglianza, con un tasso di notifica che ha raggiunto 5,2 nuove diagnosi per 100.000 residenti, in aumento rispetto al valore del 2022 (4,6). L’incidenza nel Lazio è superiore alla media nazionale, che si attesta su 4,0 nuove diagnosi per 100.000 residenti. Questo incremento è interpretato come un effetto positivo della politica di ampliamento dell’offerta di test HIV, che ha contribuito a identificare più persone infette, comprese quelle che altrimenti sarebbero rimaste non diagnosticate.
Trasmissione sessuale e diagnosi tardive
La maggior parte delle nuove diagnosi (l’83,8%) è stata attribuita alla trasmissione sessuale, con una divisione tra uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (40,2%) e persone che dichiarano rapporti eterosessuali (43,6%, di cui il 22,8% uomini e il 20,8% donne). Il 57,5% delle diagnosi è stato effettuato tardivamente, un dato che evidenzia la difficoltà nel diagnosticare tempestivamente l’infezione, con conseguente rischio di complicanze maggiori.
Un aspetto significativo del report riguarda il fatto che quasi la metà delle nuove diagnosi è avvenuta su persone che hanno effettuato il test a causa della presenza di sintomi correlati alla malattia (47,2%). Questo segnala che una parte della popolazione è ancora poco consapevole della possibilità di essere infetta, aumentando il rischio di trasmissioni non identificate.
Il commento degli esperti
Secondo il dr. Francesco Vairo, l’aumento delle diagnosi è legato sia a una maggiore offerta dei test HIV, che ha portato a un aumento delle diagnosi precoci (dal 9% al 14%), sia al contesto di una ripresa post-pandemia, che ha facilitato l’emergere di infezioni precedentemente non diagnosticate.
Il dr. Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dello Spallanzani, ha sottolineato che nonostante i progressi, la sfida non è ancora vinta. Serve un’intensificazione delle azioni di prevenzione, in particolare con un aumento dei programmi di profilassi pre-esposizione (PrEP), destinati a proteggere chi è a rischio di esposizione al virus. Questo sforzo deve essere accompagnato da un’offerta capillare di test e profilassi, anche nei centri territoriali e in quelli che si occupano di persone socialmente vulnerabili, le quali rappresentano le popolazioni chiave più a rischio.