L’incendio che lo scorso 31 marzo ha devastato 17 automobili elettriche nel Tesla Center di via Serrapiccola a Roma è stato rivendicato da ambienti anarchici. In una lunga comunicazione pubblicata su portali legati al movimento, gli autori si sono dichiarati responsabili del gesto, definendo l’attacco un’azione contro Elon Musk e i suoi progetti.
Il rogo, avvenuto nella notte tra il 30 e il 31 marzo nel quartiere Torre Angela, ha distrutto diversi veicoli elettrici di ultima generazione, sollevando allarme anche a livello internazionale. Andrea Stroppa, referente italiano di Elon Musk, era finito sotto scorta, denunciando il gesto come un atto di terrorismo.
Le indagini, fin da subito, avevano escluso l’ipotesi accidentale, concentrandosi su una matrice dolosa. Tuttavia, fino al 25 aprile, nessuno aveva formalmente rivendicato l’atto. Proprio durante la Festa della Liberazione, è emerso il messaggio con cui gli anarchici spiegano la loro azione.
Nel documento, il fondatore di Tesla viene dipinto come simbolo di un potere economico e tecnologico opprimente. Elon Musk viene criticato per i suoi rapporti con Donald Trump, il ruolo centrale nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e il suo impegno nell’espansione spaziale tramite SpaceX. La Tesla, secondo gli autori della rivendicazione, rappresenterebbe “lo status symbol dei ricchi tecno-fascisti”, nonché uno strumento per il controllo delle città attraverso le tecnologie di sorveglianza.
Gli anarchici descrivono l’attacco come un gesto di resistenza contro un modello di società autoritario e, con toni accesi, dichiarano: “L’unica Tesla che ci piace è quella che brucia… e come brucia bene!”.
Il rogo viene quindi presentato come un’azione simbolica contro quello che viene definito un tentativo di “colonizzazione tecnologica” delle nostre vite, ribadendo l’intenzione di opporsi al “progetto” che Musk incarnerebbe.